È possibile da parte del titolare, agire con un licenziamento qualora un dipendente si trovi in malattia? Vediamo che cosa prevede la legge
Come tutti i dipendenti sanno, esiste un diritto che prevede, qualora insorgano problemi di salute di varia natura, di potersi assentare dal luogo di lavoro e trascorrere un periodo di riposo a casa (o nei casi più seri in ospedale) fino a quando non ci si è completamente ristabiliti e si è guariti. La procedura per mettersi in malattia è definita dai vari contratti collettivi del lavoro nei quali viene anche specificata quella che può essere la durata massima consentita, nota anche come comporto.
In questo lasso di tempo il dipendente non solo ha diritto a mantenere il posto di lavoro ma dovrà anche percepire un introito economico sotto forma di indennità. Quello che in molti si chiedono è se vi siano situazioni particolari nelle quali il datore di lavoro possa licenziare un dipendente in malattia.
Con periodo di comporto si fa anzitutto riferimento al lasso di tempo che il dipendente può trascorrere in malattia e nel corso del quale non può essere licenziato per via del diritto alla conservazione del posto di lavoro. Come dicevamo, la durata è variabile ma solitamente non può andare oltre i 180 giorni per i dipendenti di aziende private e di 18 mesi per i dipendenti pubblici. Il comporto può essere secco o frazionato a seconda che faccia capo ad un solo evento di malattia o a malattie di diversi periodi.
Il calcolo può avvenire, e sono i contratti collettivi a stabilirlo, sulla base dell’anno solare oppure del calendario. Il licenziamento durante il periodo di comporto può avvenire solo ed esclusivamente nel caso in cui vengano accertate gravissime condotte da parte del lavoratore, giudicate incompatibili con lo stato di malattia. Se, ad esempio, il dipendente si mette in malattia per dedicarsi ad una seconda attività lavorativa oppure ne approfitti per raggiungere un luogo di vacanza, il datore di lavoro potrebbe licenziarlo in modo legittimo.
Vi sono casi, definiti dalla giurisprudenza, nei quali allontanarsi da casa non implica il licenziamento: ad esempio nel caso di attività ricreative svolte durante un periodo di comporto per problemi di depressione. In sostanza solo attività completamente incompatibili con la specifica patologia potrebbero dar luogo al licenziamento. Vi è invece legittimità nel licenziamento per superamento del periodo di comporto ovvero nel caso in cui un lavoratore abbia utilizzato un numero di giorni di malattia superiori al limite massimo consentito.
Il recesso in questi casi avverrà per ‘giustificato motivo oggettivo’, anche se al datore di lavoro è riconosciuto un periodo di tempo per valutare se il lavoratore malato possa essere reimpiegato nell’assetto organizzativo aziendale. Ma nel caso di licenziamento, l’intimazione dovrà avvenire subito dopo il rientro in servizio del dipendente.
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