Può il titolare di un conto corrente bancario consentire il transito di soldi altrui senza commettere reato? Ecco cosa dice la Cassazione.
È stata una sentenza emessa dalla Corte di Cassazione lo scorso 6 Luglio, la numero 29346, a fare chiarezza sulla questione. Ed in modo inequivocabile. Se il titolare di un conto corrente bancario consente che su di esso transitino temporaneamente somme di danaro altrui, commette reato? Oppure sta agendo a pieno diritto entro i dettami imposti dalla Legge?
Ebbene, la risposta giunge da un caso esaminato dal Tribunale di Torino: alcuni soggetti avevano messo a disposizione di terzi i propri conti correnti per farvi transitare danaro che, successivamente, sarebbe stato versato su altri conti ancora. Qual era il motivo dell’operazione? Perché si è resa necessaria la circolazione del danaro con questo sistema?
Ciò che emerso non ha lasciato alcun dubbio: i proventi derivavano da una frode informatica. Dunque i titolari dei conti correnti che hanno consentito il transito di danaro sono da ritenersi complici dell’azione fraudolenta? Oppure, nel caso risultino ignari ed estranei ai fatti, la loro posizione non rappresenta un reato? Ebbene, sono nello specifico due gli articoli da tenere in considerazione in casi simili, ovvero il 444 ed il 648-bis del codice penale, ed entrambi riguardano il riciclaggio.
Il risultato e le motivazioni della sentenza
Il riciclaggio è un reato che si configura quando un individuo sostituisce o trasferisce danaro o altri beni derivanti da attività illecite compiute da altri soggetti. Queste attività illecite vengono definite dalla giurisprudenza delitti non colposi. Ora, sostituendo o trasferendo il danaro o beni di altra natura derivanti da delitti non colposi, l’individuo che si presta all’operazione contribuisce fattivamente a creare un ostacolo effettivo alla giustizia ed alle autorità competenti, impegnate nell’identificarne la provenienza.
Dunque nel caso di specie, essersi prestati a far transitare il danaro derivante dalla frode informatica presso i propri conti per poi versarlo successivamente su altri, è riconducibile all’esigenza di “ripulire” il danaro derivante da attività illecita e fraudolenta, così da ostacolare le indagini volte a comprenderne l’origine e, dunque, il reato originario di frode.
Per questo motivo, secondo i giudici di legittimità, i soggetti che hanno consentito il trasferimento temporaneo di danaro presso i loro conti correnti si sono resi responsabili del reato di riciclaggio, ma non di frode, mancando le prove di un effettivo concorso alla realizzazione della truffa informatica che aveva generato il guadagno illecito.