Perché c’è così tanta passione ed interesse per i selfie: scattarsi tante foto non è soltanto un atto di vanità, ci sono altre ragioni importanti, tutti i dettagli.
È oramai già da un po’ una pratica diffusa che mette d’accordo grandi e piccoli, quella dei selfie, ovvero dello scattarsi foto nei diversi momenti, tanto particolari quanto, per alcuni, quotidiani.
Generalmente, sono in tanti a pensare che scattarsi tanti selfie sia esclusivamente una questione di vanità, eppure secondo una revisione di sei studi, le cose stanno diversamente e legata a tale pratica, oltre alla vanità, c’è di più. Infatti, i selfie catturano il significato dei momenti in cui vengono scattati e ricollegano al passato.
Come si legge su ANSA, il selfie è tanto amato dal momento che le immagini che paiono scattate da terzi permettono di poter cogliere al meglio il significato di particolari momenti della vita di ciascuno. Al contempo, consentono anche di richiamare alla mente questi stessi momenti, quando successivamente poi si riguarda la foto.
Invece, le foto scattate dalla propria prospettiva personale forniscono un aiuto per quanto riguarda il ricordo di sensazioni fisiche sperimentate nel corso di un evento.
A dimostrarlo, come detto, la revisione di 6 studi fatti su più di duemila e cento persone, nel complesso, che ha visto la relativa pubblicazione su Social Psychological and Personality Science. Alla guida del team internazionale di esperti, Zachary Niese, (Università di Tubinga).
Selfie, perché sono tanti amati: c’entrano le esperienze e il legame con sé
Stando dunque a tale revisione di studi, la passione e l’amore per i selfie è qualcosa che va dunque oltre la mera vanità. Niese ha spiegato che lo scatto e la pubblicazione delle foto è qualcosa che attiene alle attività quotidiane di svariati soggetti. Inoltre, ha sottolineato che pur se alcune volte tali pratiche siano oggetto di derisione da parte della cultura popolare, le foto personali possono contribuire, per chi le scatta, a riconnettersi con le esperienze passate vissute. E ancora, alla costruzione della narrazione di loro stesse.
Postare dunque su Facebook, oppure Instagram, quindi, è un’azione che non si limiterebbe alla vanità oppure ai follower, ma sarebbe qualcosa che si fa anche per se stessi. Ad aiutare la costruzione del senso che si ha della propria persona può essere anche una foto fatta al ristorante. La prospettiva da cui lo si fa non è poi un aspetto secondario.
Il primo piano della pietanza che si ha davanti, ad esempio, narrerà la sensazione dell’acquolina in bocca provata. Un selfie che mostra una persona mentre mangia col proprio partner aiuterà il racconto e il ricordo di un momento felice e condiviso.
Niese ha anche parlato della scoperta fatta a proposito dell’intuito naturale posseduto dalle persone a proposito della scelta della prospettiva da cui fare lo scatto, al fine dell’ottenimento proprio di ciò che si vuole dagli scatti.
Non manca anche però l’insoddisfazione, quella che si prova talvolta quando si riguardano alcune foto, una sensazione che nasce dall’errore della scelta della prospettiva, e dunque dalla differenza tra il punto di vista impiegati e lo scopo della foto stessa.