Molti credono che vivere senza fare nulla sia meraviglioso. E invece può rivelarsi la peggiore delle sciagure: ecco perché.
Recita un vecchio proverbio che l’ozio è il padre di tutti i vizi. E, se ce ne fosse bisogno, la scienza ora conferma che è proprio così. Il troppo tempo libero a disposizione, la mancanza di un obiettivo che tenga impegnato il corpo e concentrata la mente, non sono necessariamente una manna dal cielo, anzi possono avere effetti collaterali pesanti.
Molti di voi non ne avranno mai sentito parlare, ma c’è un termine apposito per descrivere questa condizione: oziofobia. È una delle paure tipiche del nostro tempo, fatto di connessione h 24 e necessità di eventi sempre nuovi da “postare”. E così, se nell’immaginario collettivo resiste l’immagine del relax offerto dal dolce far niente, all’atto pratico non tutti lo apprezzano, e molti lo temono. Vale anche per queste brevi vacanze Pasquali: la libertà dalla routine lavorativa, con l’agenda vuota e finalmente del tempo da dedicare alle proprie attività preferite, possono aprire un baratro fatto di nervosismo, ansia, panico e sensi di colpa.
L’oziofobia dalla A alla Z
L’oziofobia scaturisce dalla necessità, per sentirsi bene, di essere sempre impegnati, anche quando ci si dovrebbe riposare fisicamente e mentalmente. Lo dice il nome stesso: è la paura di non avere niente da fare. Il fenomeno è stato oggetto in un recente studio pubblicato sull’Harvard Business Review da tre ricercatori – Silvia Bellezza della Columbia University, Neeru Paharia della Georgetown e Anat Keinan dell’Harvard Business School – e che ha coinvolto un gruppo di soggetti chiamati a giudicare lo status di un personaggio immaginario di 35 anni, Jeff, descritto con due frasi: “Jeff lavora per molte ore e la sua agenda è sempre piena” o “Jeff non lavora e ha molto tempo libero a disposizione”.
Il risultato della ricerca parla chiaro: una persona molto impegnata viene percepita come appartenente a un rango e a una condizione superiori, anche perché, sottolineano i ricercatori, “più crediamo che qualcuno abbia maggiori opportunità di successo se lavora duramente, più tendiamo a pensare che le persone che lascino da parte il loro tempo libero e lavorino tutto il tempo possano raggiungere standard superiori”. Ma va detto che i partecipanti italiani allo studio tendono a pensare che se Jeff non lavora e ha molto tempo libero “può permettersi viaggi lunghi, vacanze in barca, ha tempo di andare a mangiare fuori o di trascorrere un’intera serata senza pensare al lavoro”, e dunque, in un certo senso, se la passa meglio rispetto a chi è oberato di impegni e preoccupazioni professionali. Evidentemente l’otium come lo intendevano gli antichi romani ci è rimasto nel Dna.
Resta il fatto che in quanto esseri umani abbiamo bisogno anche di momenti improduttivi per rigenerarci e alimentare la nostra creatività, e lo dice sempre la scienza. Il segreto per non lasciarsi sopraffare dall’oziofobia è cercare di essere meno esigenti con se stessi e rallentare il ritmo. Per chiudere con un altro proverbio, ci vuole di tutto un po’, ozio compreso.