Affrontare un lutto non è mai facile, per nessun essere umano. E spesso la sofferenza si trasforma in un disturbo prolungato. Finalmente anche la psicologia lo riconosce.
L’uomo ha compiuto nei secoli – specialmente in quelli più vicini a noi – passi da gigante dal punto di vista evolutivo. Basti pensare ai progressi tecnologici, alle conquiste scientifiche, allo sviluppo economico, e così via. Ma in fondo è ancora incapace di affrontare l’evento più primordiale, assieme alla nascita: la fine della vita. La morte è tuttora un grande tabù nella nostra società, e continuiamo ad arrivarci impreparati. Con conseguenze spesso devastanti.
Il problema è stato finalmente riconosciuto anche dalla psicologia. Il disturbo da lutto prolungato entra nel nuovo DSM, il manuale che raccoglie tutti i disturbi psichiatrici, selezionati su criteri statistici e sulla base dei contributi forniti da commissioni e gruppi indicati dall’American Psychiatric Association (Apa). Di cosa si tratta esattamente? Come riconoscerlo, e come curarlo?
Enrico Pompili, psichiatra, docente dell’università La Sapienza di Roma e direttore del Dipartimento di Salute Mentale e Dipendenze Patologiche della ASL Roma 5, è co-curatore con Giuseppe Nicolò dell’ultima edizione riveduta e corretta del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, quinta edizione, Text Revision (DSM-5-TR) Il disturbo da lutto prolungato è tra le novità della versione aggiornata. Si tratta, spiega l’esperto, di una risposta pervasiva e persistente al lutto che continua a causare angoscia o compromissione clinicamente significativi per oltre un anno dopo la morte di una persona cara. Cioè ben oltre, per durata e intensità, il normale processo di lutto.
Il problema colpisce dal 4% al 10% della popolazione e i manifesta in modo diverso rispetto ad altri disturbi psichiatrici, come ansia e depressione. Non solo: coloro che soffrono di un disturbo di questo tipo presentano anche un rischio maggiore di sviluppare patologie gravi come quelle cardiovascolari e il cancro. Un anno per gli adulti, sei mesi per adolescenti: secondo il comunicato pubblicato tempo fa sul sito dell’Associazione psichiatrica americana, questo il limite oltre il quale il lutto diventa malattia. Secondo la presidente APA Vivian B. Pender, “se recentemente hai sofferto la perdita di un caro, è molto importante verificare la cosa con te stesso. Il lutto in queste circostanze è normale, ma non a un certo livello e non per la maggior parte della giornata, quasi tutti i giorni per giorni e giorni”.
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