Ogni giorno, purtroppo, assistiamo a numerose aggressioni e violenze nei confronti delle persone che fanno parte della comunità Lgbtq+. Quando si parla di rispetto e riconoscimento, il linguaggio gioca un ruolo molto importante: ecco alcuni utili consigli.
In Italia casi di aggressioni omofobe e transfobiche continuano ad essere all’ordine del giorno. Sono tante le vicende che balzano agli onori della cronaca, spesso affrontate con un linguaggio che non fa altro che perpetrare le discriminazioni subite da chi fa parte della comunità Lgbtq+. Discriminazione che, nei casi più drammatici, finiscono con vere e proprie tragedie.
Il caso di Paola Maria Gaglione è solamente uno dei tanti esempi: la 18enne è deceduta nel corso di un inseguimento fatto dal fratello (contrario alla sua relazione con un ragazzo trans) il quale si è scagliato contro il suo scooter provocandone la dipartita. Tutto è accaduto meno di un anno fa, nello stesso periodo Cloe Bianco, professoressa di fisica, è stata trova morta suicida dopo aver subito numerosi episodi di transfobia.
Come se non bastasse, molto spesso queste vicende tragiche vengono raccontate con superficialità ed ignoranza, andando a ledere ulteriormente la dignità delle vittime. Il linguaggio, in tal senso, gioca un ruolo fondamentale. Quando si parla di discriminazioni e minoranze è importante prendere in considerazione diversi fattori e prestare attenzione a non lasciarsi influenzare dagli stereotipi e dai preconcetti che non hanno mai abbandonato la nostra società. Le parole, i termini utilizzati per rivolgersi a chi subisce quotidianamente discriminazioni non devono essere sottovalutati.
Si tratta del primo passo per essere realmente rispettosi nei confronti degli altri: riconoscere il valore della persona con cui si sta dialogando o di cui si sta parlando (come, per esempio, nei casi degli articoli di giornale). Iniziamo con alcune precisazioni. Abbiamo menzionato la nota sigla Lgbtq+ che, negli anni, si è arricchita comprendendo ulteriori lettere fino ad arrivare all’acronimo Lgtbqia+. Quest’ultimo rappresenta persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender e transessuali, queer, intersessuali ed asessuali.
Cosa sapere e come non rivolgersi ad una persona trans
Spesso considerati termini interscambiabili, transgender e transessuale si riferiscono a coloro che non si riconoscono nel sesso di nascita. Vi è però una differenza: le persone transgender sono consapevoli del fatto che la loro identità di genere non corrisponde al loro sesso biologico; le persone transessuali sono quelle che decidono di seguire un percorso di transizione, così che il suo sesso possa corrispondere all’identità di genere in cui si rispecchia.
Il sesso biologico, infatti, corrisponde ai caratteri anatomici che ci contraddistinguono fin dalla nascita. Il genere, invece, può essere visto come ciò che la società si aspetta da noi: ovvero i comportamenti considerati prettamente maschili e quelli prettamente femminili. L’identità di genere è quella in cui ognuno di noi si identifica e non dipende dal sesso biologico. Per quanto riguarda l’orientamento sessuale di un individuo, riguarda l’attrazione che ciascuno prova nei confronti delle altre persone. Tutti questi aspetti meritano il giusto riconoscimento, senza giudizi ed etichette.
Quando ci si rivolge ad una persona transessuale, in particolare, è importante prestare attenzione a determinate espressioni che rischiano solamente di risultare offensive ed irritanti. Uscite del tipo “Non sembri nemmeno trans!” (fatte, tra l’altro, con la convinzione che si tratti di un complimento) o domande inopportune sul percorso di transizione sono da evitare. Lo stesso vale per la pratica nota come deadnaming, che consiste nel domandare a una persona transessuale quale sia il suo “vero nome” (solitamente, infatti, quando la transizione ha inizio le persone scelgono un nuovo nome, in grado di rappresentare l’identità in cui si identificano).
Proseguendo, è importante rivolgersi alla persona rispettando il genere in cui si riconosce. Per tale motivo, quando si parla con un uomo trans i pronomi da utilizzare sono quelli maschili, viceversa nel caso di una donna trans. In conclusione, un ultimo suggerimento è non usare il termine trans come se fosse un aggettivo a se stante (dicendo, per esempio, “un/una trans”): è molto più rispettoso dire “una persona trans”, “una donna trans” o “un uomo trans”.