Legge di bilancio approvata, pensioni a Quota 103, cosa cambia rispetto a Quota 102? Di quanto si riduce la pensione anticipandola?
Con la legge di bilancio approvata per il 2023, il Governo Meloni ha dato spazio a Quota 103 rimescolando età e contributi per la conquista delle pensioni. Differente dalla precedente Quota 102, Quota 103 è solo una decisione cuscinetto, in realtà il Governo sta lavorando su una manovra più stabile, rimodulandola sulla situazione attuale del mondo lavorativo (sicuramente differente ai decenni precedenti dove si iniziava a lavorare a 18 anni).
Al momento Quota 103 vede delle modifiche anche per quanto riguarda l’opzione donna che ha subito un ridimensionamento. Quest’anno potrebbero sfruttarla le lavoratrici di 58 anni che hanno almeno 2 figli, 59 quelle con un figlio e di 60 in assenza di prole. Il fatto è che rimangono comunque necessari 35 anni di contributi. Con Quota 103 rimangono poi in vigore le disposizioni per i lavoratori precoci, ovvero coloro che hanno lavorato almeno per dodici mesi prima del 19esimo anno d’età. Potranno andare in pensione con 41 anni di contributi indipendentemente dall’età.
Pensioni Quota 103, se si richiedesse in anticipo la pensione a quanto ammonterebbe la riduzione?
In attesa delle eventuali riforme future, di cui si è iniziato a discutere al tavolo tra governo e sindacati, nel 2023 sono disponibili diversi “canali” per lasciare il lavoro. Le vie ordinarie, come riporta anche Il Messaggero, sono quelle della pensione di vecchiaia (il diritto scatta a 67 anni di età a condizione di averne 20 di contributi) e della pensione anticipata così come delineata dalla riforma Fornero (attualmente servono 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 e 10 mesi per le donne, senza vincoli sull’età. La legge di Bilancio 2023 ha poi istituito solo per quest’anno una nuova formula, la cosiddetta Quota 103, un’azione cuscinetto per lasciar tempo al Governo di discutere su una nuova riforma.
La riforma permette di maturare il diritto all’uscita con 62 anni di età e 41 di versamenti contributivi. Per lasciare effettivamente il lavoro bisognerà però attendere la cosiddetta “finestra mobile”, tre mesi per i dipendenti privati e sei per i pubblici. Inoltre il trattamento erogato non potrà essere superiore a 2.818,65 euro mensili (cinque volte il minimo Inps). Ciò significa che per chi decide di andare in pensione in anticipo non ci sarà alcuna penalizzazione in merito al criterio di calcolo dell’assegno, ma solo un tetto massimo per il trattamento riconosciuto.
Chi decide di fare questa scelta, fino a maturazione dei requisiti dell’età per la pensione di vecchiaia non potrà ricevere un assegno superiore a 5 volte quello minimo, ossia sopra i 2.850 euro lordi, a prescindere da quanto sia il tetto di pensione totale che dovrà prendere successivamente. Quindi, tra i 62 e i 67 anni (età necessaria per la pensione di vecchiaia) chi sceglie Quota 103 dovrà rinunciare a un trattamento superiore a 5 volte l’assegno minimo, per chi avrebbe una pensione comunque inferiore ai 2.850 euro lordi non vedrà differenza tra il prima e il dopo. In questo modo si cerca di agevolare le fasce più problematiche, ad esempio coloro che hanno pensione minima che adesso arriverà a 570 euro aumentando di poche decine rispetto all’importo precedente.