L’aumento previsto dalla Legge di Bilancio non è arrivato per tutti a gennaio: per quale motivo e quali pensioni sono rimaste invariate.
Erano anni che i pensionati richiedevano un adeguamento delle pensioni all’aumento del costo della vita. In questi ultimi anni l’inflazione è salita, ma gli assegni pensionistici erano rimasti invariati. Lo scorso anno già il governo Draghi aveva predisposto un aumento delle pensioni in tre scaglioni, comprendente un aumento percentuale del 7,3% per tutti gli assegni mensili.
Nella legge di bilancio il governo Meloni ha confermato l’aumento degli assegni mensili, ma suddiviso gli aumenti in base a sei fasce. La misura inserita nella manovra prevede un aumento decrescente, teso a favorire un aumento più cospicuo per le pensioni minime che va a decrescere via via che l’assegno pensionistico aumenta.
La misura pensata dal governo Meloni con la decrescita percentuale
In base alla legge approvata alla fine dello scorso anno, le pensioni dovrebbero crescere in questo modo:
Minime per cittadini con più di 75 anni: da 525,38 a 697 euro;
Minime per coloro che hanno meno di 75 anni: da 525,38 a 570 euro;
Le pensioni di 1.000 euro arriveranno sino a 1.073 euro;
Le pensioni di 1.500 euro saliranno a 1609,5 euro;
Le pensioni di 2.000 euro arriveranno a 2.146 euro;
Le pensioni di 3.000 euro passeranno a 3.117 euro;
Le pensioni di 4.000 euro saliranno sino a 4.136 euro;
Infine le pensioni da 6.000 euro saliranno fino a 6.138 euro.
A gennaio aumenti solo per le pensioni più basse, come mai questa beffa per i pensionati?
Con la circolare 135 del 2022, l’Inps aveva confermato già a novembre l’adeguamento delle pensioni all’inflazione. In questa si leggeva che in base all’articolo 2 del decreto del 10 novembre 2022, a partire dall’1 gennaio 2023 ci sarabbe stato l’aumento atteso da tempo. Già nella circolare veniva specificato che l’intento del governo era quello di rimodulare alcuni aspetti del decreto, dunque che non vi sarebbe stata certezza che alla fine le modifiche apportate dal nuovo esecutivo sarebbero state approvate in sede di discussione parlamentare.
In una nota pubblicata in queste ore, l’Inps ha spiegato per quale ragione non tutti i pensionati hanno potuto ricevere l’aumento sin dal mese di gennaio: “Al fine di evitare la corresponsione di somme potenzialmente indebite, pertanto, la rivalutazione è stata attribuita in misura pari al 100% a tutti i beneficiari il cui importo cumulato di pensione sia compreso nel limite di quattro volte il trattamento minimo in pagamento nel 2022 (pari a 2.101,52 euro)”.
Dati i tempi lunghi di approvazione della manovra, insomma, l’Inps ha corrisposto un aumento del 100% alle prime quattro fasce, attendendo notizie certe per tutte le altre a fine dicembre. Adesso che la misura è stata approvata e che dunque non ci sono più dubbi su quale sia l’aumento percentuale per ciascuna fascia reddituale, l’ente previdenziale può calcolare l’aumento previsto e inserirlo nella pensione di febbraio. Per tutti coloro che non hanno ricevuto a gennaio l’aumento, dunque, verrà corrisposto il surplus sia di gennaio che di febbraio.
Per quanto riguarda le pensioni minime c’è stato un aumento superiore solamente per quei cittadini che hanno già compiuto 75 anni. Nel 2022 le minime per tutti i cittadini erano state portate sino a 600 euro, mentre nel 2023 chi ha meno di 75 anni vedrà l’aumento del 7,3% dovuto all’adeguamento inflazione più un 1,5% che porterà il totale della pensione a 570 euro. Decisamente maggiore invece l’aumento per coloro che hanno superato i 75 anni, visto che oltre al 7,3% è stato previsto un ulteriore 6,4% che porta la somma complessiva a 697 euro mensili.