Una preghiera, un grido d’aiuto da chi desiderava una seconda chance, che è rimasta inascoltata. Il dramma che coinvolge Maria De Filippi.
Vivere in contesti familiari e sociali difficili può portare i più giovani a trovare delle soluzioni errate per combattere la loro sofferenza. Alcol e droghe possono alleviare inizialmente il dolore che si prova, ma ben presto queste sostanze diventano una schiavitù e causano ancora più dolore. Nel caso delle droghe, specialmente quelle pesanti, la necessità di alterare il proprio stato di percezione si lega alla dipendenza fisica, condizione che porta alla disperazione nel caso in cui non si riesca a sopperire a quella mancanza. In una simile situazione chiunque, anche la persona migliore del mondo, può commettere errori, compiere dei crimini e finire in carcere per scontare quell’errore.
Questa storia comune a tantissimi giovani è la stessa vissuta da Donatella Hodo, 26enne di origini albanesi cresciuta in Italia e morta suicida in carcere lo scorso agosto. Finita in carcere per aver commesso dei furti di poco conto proprio per via della dipendenza dalla droga, la ragazza aveva perso l’affido del figlio Adam e da anni cercava di ottenere la commutazione della pena carceraria in riabilitazione. Una richiesta volta non solo a combatte i demoni della dipendenza, ma anche alla possibilità di stare accanto a quel figlio di cui non sapeva più nulla.
In preda alla disperazione, Donatella ha fatto numerosi ricorsi e quando ha visto che la sua speranza di ottenere risultati per le vie tradizionali si riduceva a lumicino, ha cercato anche aiuto da chi stimava più di ogni altra persona, qualcuno che sebbene non avesse mai fatto parte della sua vita, pensava e sperava potesse darle un’aiuto concreto: Maria De Filippi. La giovane le ha scritto una lettera e l’ha inviata, ma la missiva non è mai arrivata al destinatario ed è tornata indietro. A renderla pubblica è stato il padre della ragazza dopo che Donatella ha deciso di porre fine alla sua vita in quella cella in cui sentiva morire ogni giorno la sua speranza.
Il grido disperato di Donatella che non è mai giunto a Maria De Filippi
Il fatto che la giovane avesse provato a contattare la famosa conduttrice la dice lunga sullo stato di disperazione in cui stava vivendo, uno stato che nessuno aveva compreso sino in fondo. Persino il magistrato della sorveglianza del Tribunale di Verona, il giudice Vincenzo Semeraro, ha capito troppo tardi che avrebbe potuto e dovuto aiutare quella ragazza, così dopo la sua morte le ha voluto chiedere scusa: “Per non averti capita”. Il suo caso ha sollevato una questione sociale importante, ovvero la necessità di offrire ai giovani che hanno commesso un errore una seconda possibilità, facilitare il loro ritorno in società, magari attenzionando i loro casi e facendo un distinguo tra chi commette degli errori spinto dalla necessità e dev’essere aiutato e chi invece ha adottato uno stile di vita criminoso in maniera consapevole.
La lettera della ragazza a Maria De Filippi è un pugno allo stomaco, non solo perché palesa il dolore che stava provando ormai da tempo, ma perché evidenzia l’incapacità del sistema nell’offrire un aiuto reale a chi come lei si trova in situazioni complicate: “Maria ti prego, ti chiedo di aiutarmi, voglio uscire fuori da tutta questa situazione, voglio smettere con la droga, voglio finire con il carcere, ma ho bisogno di qualcuno che mi dia una possibilità… Ho 26 anni, ho ancora una vita davanti, voglio sistemarmi, avere un futuro, riprendere i rapporti con la mia meravigliosa famiglia… Oggi ho la voglia, il coraggio di voler cambiare,voglio ricominciare e lasciarmi tutto alle spalle, ho bisogno di un aiuto, di trovare un lavoro… voglio vedere gli occhi di mia madre piangere nel vedermi realizzata e non perché sta soffrendo per colpa mia…”.
La drammatica storia di Donatella Hodo ha smosso le acque, facendo nascere l’associazione “Sbarre di Zucchero“, il cui scopo è proprio quello di testimoniare le difficoltà che trovano ragazzi e ragazze che hanno pagato o che stanno pagando i propri errori in carcere di trovare una chance per costruirsi una nuova vita e rientrare in società senza sentire lo stigma delle persone addosso. Pochi giorni fa Carlotta Toschi ha pubblicato un podcast che racconta la storia di questa giovane, intitolato proprio ‘La storia di Donatella Hodo’.