La notizia ha fatto il giro della rete, molti utenti hanno iniziato a rivalutare il loro modo di comunicare attraverso i social.
L’utilizzo delle piattaforme digitali ha modificato la comunicazione tra essere umani. Se sino all’avvento dei cellullari e di internet, il concetto di “sms” era pressocchè sconosciuto, oggi è letteralmente entrato a far parte della quotidianità. Soprattutto i giovanissimi, per esprimere emozioni o rafforzare il senso di un pensiero aggiungono delle emoji, e fin qui nulla di strano. Questa metodologia è divenuta di uso comune ed anche tra i più “grandicelli” che si dilettano nell’utilizzare le emoji.
L’utilizzo generalizzato delle faccine ha fatto sorgere dei dubbi, è lecito farlo quando si tratta di messaggi dal contenuto discriminatorio? Finalmente la questione è stato risolta. Il fatto che ha sollevato non poche curiosità, concerne una sentenza della Cassazione, attraverso la quale i giudici hanno fatto luce su di una questione largamente dibattuta.
La “disputa” legale è arrivata sino al terzo grado di giudizio e gli Ermellini hanno risolto con la consueta chiarezza. Ma procediamo con ordine.
L’imprenditore lombardo condannato per l’emoji che ride?
Con la sentenza 2251 del 2023 infatti la Corte di Cassazione, ha accertato la penale responsabilità dell’ imprenditore lombardo perché ha offeso la reputazione della vittima, deridendolo a causa dei suoi deficit visivi. A far scattare il reato è stato proprio l’uso dell’emoji, che lo ha reso colpevole del delitto di diffamazione.
Il processo conclusosi con la sentenza 2251 del 2023, dunque ripone l’accento su una questione che già in passato aveva generato dubbi. Finalmente è stata chiarita, imponendo dunque cautela nell’utilizzo delle emoji. Non solo perchè si potrebbe incorrere in problemi con la legge, ma soprattutto perchè si potrebbero creare disagi psicologici alle vittime del commento offensivo. Troppo spesso infatti sui social si leggono concetti dal sapore amaro, cattivo nei confronti dei corpi altrui.
Ci si è quasi brutalmente abituati all’offesa, ma attenzione, le parole ed in questo caso anche le faccine, possono essere delle vere proprie lame per i destinatari del commento, tanto da far scaturire in loro sentimenti di inadeguatezza e di imbarazzo. Va precisato che non sempre scatta il reato, e che i giudici debbono valutare caso per caso quando e se, si incorre nel delitto di diffamazione.
Attenzione ad usare le emoji, potrebbe scattare il reato
Il confine infatti tra la libera manifestazione del proprio pensiero ed il reato di diffamazione è delicato e l’organo giudicante deve con doverosa minuzia, analizzare le faccende sottoposte alla sua attenzione valutando se, rientrino o meno nell’alveo dei delitti contro la reputazione della persona. Prestate dunque molta attenzione quando in modo leggero aggiungete un emoji, potrebbe costarvi caro.