Dal 2023 cambiano le regole del sistema di rivalutazione delle pensioni, e mai come stavolta, tra l’inflazione che morde e la recessione che incombe minacciosa, anche pochi centesimi faranno la differenza. Ecco tutti i dettagli.
Molti pensionati italiani hanno già cominciato il conto alla rovescia: dal prossimo gennaio cambiano le regole sulla rivalutazione delle pensioni grazie al nuovo sistema di calcolo a sei fasce introdotto dalla Legge di Bilancio 2023 in sostituzione del precedente, a tre fasce. Come sempre, la platea si divide in favorevoli e contrari, a seconda del miglioramento o meno della propria posizione economica. Vediamo come funziona.
Le ultime novità nel cantiere delle pensioni
La rivalutazione in base all’inflazione sarà integrale solo per gli assegni fino a 2.100 euro, con un tasso di riallineamento del 7,3%. Nel caso di importi superiori, invece, sono previste altre 5 fasce con un tasso di rivalutazione più basso: si va dall’80% al 35% del 7,3%, in misura inversamente proporzionale all’incremento della somma percepita a titolo di pensione. In soldoni, chi ha una pensione fino a 2.100 euro mensili continuerà a ottenere un beneficio pieno in termini di aumento, mentre chi ha una pensione più alta sarà penalizzato dal nuovo sistema di calcolo.
Come accennato, l’articolo 56 della Legge di Bilancio 2023 sostituisce il vecchio meccanismo di rivalutazione a tre fasce con uno a sei. Il nuovo sistema prevede una rivalutazione pari al 100% per le pensioni di un valore fino a 4 volte il minimo, cioè entro 2.100 euro lordi al mese. Oltre quella soglia la percentuale di rivalutazione si riduce fino al 35% per gli assegni di valore superiore a 5.251 euro lordi al mese. Il tutto, secondo i calcoli del governo, per ottenere un risparmio di spesa di 2,1 miliardi nel corso dell’anno venturo, e di quasi il doppio (circa 4,1 miliardi) nel 2024.
Ricordiamo che già tra ottobre e novembre scorsi il Ministero dell’Economia e delle Finanza era intervenuto sulla perequazione anticipando in parte l’adeguamento in questione allo scopo di aiutare i pensionati a far fronte al caro vita dell’ultimo trimestre 2022, con le bollette energetiche (e non solo) schizzate alle stelle. Vediamo nel dettaglio le percentuali dei nuovi aumenti:
- 100% per chi percepisce una pensione fino a 4 volte il trattamento minimo Inps, pari a circa 2.100 euro. Per questa fascia l’aumento sarà del 7,3 %;
- 80%, per chi percepisce una pensione pari o inferiore a 5 volte il minimo, dunque tra 2.100 e 2.625 euro. In questo caso l’aumento sarà del 5,84 %;
- 55%, per chi percepisce una pensione pari o inferiore a 6 volte il minimo, ossia tra 2.626 e 3.150 euro. +4,01 % il valore dell’aumento;
- 50%, per chi percepisce una pensione pari o inferiore a 8 volte il minimo, vale a dire tra 4.201 e 5.250 euro. Con un aumento pari al +3,65%;
- 40%, per chi percepisce una pensione pari o inferiore a 10 volte il minimo, cioè tra 4.201 e 5.250 euro. Si tratta di un aumento del 2,92 %;
- 35%, per chi percepisce una pensione superiore a 10 volte il minimo (oltre 5.251 euro circa), pari al +2,55 %.
Intanto il tema caldo delle pensioni minime tiene vivo il dibattito e suscita tensioni nello scenario politico. Secondo quanto dichiarato dal sottosegretario al Lavoro della Lega, Claudio Durigon, le pensioni non si possono alzare in questo momento: “Lo faremo, però, durante la legislatura.” Dall’altra parte, Silvio Berlusconi di Forza Italia non ci sta e si dice convinto di poter arrivare ai 600 euro immediatamente: “Non si può dire una cosa nella riunione di maggioranza e poi un’altra fuori”, ha scandito il leader azzurro. Lo stesso meccanismo di rivalutazione sembra creare dei problemi, visti i diversi coefficienti applicati. Secondo quando riportato dai calcoli di Spi Cgil, il nuovo sistema farebbe perdere circa 1.200 euro in media all’anno ai pensionati: gli unici a sorridere potrebbero essere i titolari della pensione minima.