Reddito di cittadinanza, cambia tutto all’improvviso. Il nuovo governo ha reso noti i nuovi requisiti necessari per ottenerlo. Milioni di italiani non potranno più averlo.
Uno dei cavalli di battaglia della campagna elettorale di Giorgia Meloni è stato la modifica del Reddito di Cittadinanza. La leader di FdI e attuale premier di governo è convinta che per come è strutturato adesso il sostegno non sia utile e che sia invece necessario creare nuovi posti di lavoro. Durante il discorso tenuto alla Camera in occasione della votazione per la fiducia al governo, la Meloni ha dichiarato di voler mantenere il Reddito di Cittadinanza solo per chi è effettivamente impossibilitato a lavorare, dichiarando che prenderà l’impegno di: “Mantenere e, laddove possibile, aumentare il doveroso sostegno economico per i soggetti effettivamente fragili non in condizioni di lavorare”. Per tutti gli altri, invece, il Reddito di Cittadinanza non può essere la soluzione, la soluzione dev’essere il lavoro.
Con la prossima legge di Bilancio, dunque, il Reddito di Cittadinanza verrà tolto ad una platea di circa 660mila percettori. I percettori abili al lavoro che hanno percepito il reddito in realtà sono 919.916, ma 173mila risultano già occupati e 86mila sono stati esonerati, esclusi o rinviati ai servizi sociali. Con il risparmio ottenuto togliendo il reddito di cittadinanza ai disoccupati abili al lavoro, dunque, il governo ha intenzione di finanziare il rinnovo di quota 102 per il 2023. La proposta pensionistica è un cavallo di battaglia di Salvini, il quale ha pensato proprio all’eliminazione del RdC per finanziare lo scivolo pensionistico sperimentale che scadrebbe proprio alla fine del 2022 per un altro anno.
Secondo i calcoli del vicepremier togliendo il sussidio ai 900 mila percettori si otterrebbe il miliardo di euro necessario a finanziare quota 102. Come spiegato però i percettori che perderebbero il sussidio sarebbero solo 660mila. L’altra problematica riguarda la composizione di questi percettori. Secondo i dati forniti da Anpal, dei 660mila in questione il 72,8 % -480mila persone – hanno solo la terza media, il 24,4% ha ottenuto un diploma e solo il 2,8% ha una laurea triennale. La maggior parte dei beneficiari che non hanno ottenuto nemmeno una proposta lavorativa in 18 mesi, dunque, sono persone difficilmente collocabili perché mancano di competenze specifiche e hanno un livello d’istruzione inferiore a quello base richiesto.
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