Marina Conte, mamma di Marco Vannini, parla del figlio e del dolore che ancora oggi prova per non aver potuto vederlo adulto e realizzato.
La morte di Marco Vannini è uno dei casi di cronaca che ha colpito maggiormente l’opinione pubblica. Il ragazzo aveva 20 anni in quel giorno d’estate del 2015 in cui ha perso la vita. Ma ciò che ha segnato per sempre tutti gli italiani che sono venuti a conoscenza della sua morte non è tanto la morte in giovane età, o il fatto che sia stato ucciso, quanto le modalità con le quali è sopraggiunta la sua morte.
La sera del 17 maggio 2015 Marco era a casa della fidanzata Martina Ciontoli. Il ragazzo avrebbe passato lì la notte come già successo, d’altronde in quella casa era ormai uno di famiglia visto che era fidanzato con Martina da tre anni. Quella sera però è successo qualcosa di impensabile, qualcosa che ancora oggi non è del tutto chiaro. Nonostante la condanna per tutta la famiglia Ciontoli, non sappiamo cosa sia realmente successo tra quelle mura, cosa abbia condotto a quello sparo che poi gli è stato fatale.
Secondo quanto emerso dal processo, infatti, Antonio Ciontoli – il padre di Martina – avrebbe sparato al ragazzo, colpendolo ad un braccio. Lui, ex membro della Marina distaccato ai servizi segreti, ha dato varie versioni, in tutte comunque ha parlato di un incidente. L’uomo ha sostenuto di non essersi accorto della gravità della situazione, ma per i giudici è chiaro che non fosse così.
I Ciontoli hanno chiamato una prima volta ai soccorsi, ma poi hanno chiuso la chiamata. Quando hanno richiesto l’ambulanza durante la seconda chiamata, inoltre, hanno parlato di un foro causato da un pettine e di un malore, minimizzando l’accaduto. Questo comportamento ha portato ad un ritardo nei soccorsi che è stato fatale al giovane. I giudici hanno messo nero su bianco che se i soccorsi fossero stati allertati correttamente e in tempo, oggi Marco sarebbe ancora vivo.
Marco Vannini, il dolore senza fine di mamma Marina: “Manca tanto, ogni giorno”
La dinamica dell’accaduto non sarebbe emersa se non fosse stato per la stenua lotta portata avanti dai genitori di Marco. Dopo la sentenza d’appello in cui venivano ridotte le condanne a tutti i membri della famiglia Ciontoli, i genitori della vittima non si sono mai arresi, facendo ricorso in appello e ottenendo il riconoscimento dell’omicidio volontario da parte di Antonio ed il concorso in omicidio da parte di tutti quelli che erano presenti quella sera. La sentenza definitiva della Cassazione del 3 maggio 2021 condanna Antonio Ciontoli a 14 anni di carcere per omicidio volontario, mentre i figli Martina e Federico e l’ex moglie Maria Pezzillo a 9 anni per concorso anomalo in omicidio.
Si può dire che giustizia è stata fatta alla fine, ma questo certo non restituirà Marco a Marina e Valerio. Intervistata da ‘Diva e Donna‘, la madre della vittima spiega quanto sia ancora oggi difficile andare oltre a ciò che è successo: “A me sembra di vederlo uscire dall’acqua con quella sua testa bionda – spiega la donna dopo aver rivelato che in estate si trasferiscono in Sardegna, nella casa che avevano comprato per lui – Marco manca tanto, ogni giorno”.
Tornando poi al processo, la donna spiega che proprio la voglia che venisse fatta giustizia, che i colpevoli avrebbero pagato, è stata la spinta per andare avanti e continuare a lottare. Valerio e Marina l’avevano promesso al figlio e anche nei momenti più duri il pensiero di ottenere giustizia per Marco gli ha dato la spinta per andare avanti: “Sono stata stanca, stremata – rivela Marina – sono finita in ospedale per lo stress. Ho pianto, ho pensato anche di ammazzarmi, perché la mia vita non aveva più senso. Ma sono andata avanti per Marco”.